Rappresentanze italiane elette in Svizzera: L’insostenibile leggerezza dell’inutilità

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Ho sempre pensato che alle parole dovrebbe seguire un minimo di fatti. Purtroppo, non è sempre così, soprattutto quando le “solite” parole escono dalle solite bocche bugiarde e demagogiche. In questi casi, mi pare di sentire quella famosa canzoncina di qualche anno fa cantata da Tony Dallara: “Come prima, più di prima”.

L’utilità di queste rappresentanze italiane elette all’estero si rivela sempre meno adatta al ruolo previsto dalla norma che, già di per sé andrebbe rivista. Un rebus dal momento che sono poco conosciute dagli italiani ma, cosa ancor più grave, anche dalle realtà politico-istituzionali dei luoghi ove questi organismi vivono e dovrebbero svolgere le loro attività.

Escludendo Com.It.Es e membri del CGIE esistenti nel resto mondo perché non ho alcun titolo per poter dare una giusta critica, mi soffermerei soltanto sul ruolo rappresentativo di quelli eletti in Svizzera, realtà che, invece, ben conosco.

Come già evidenziato in altre occasioni, il modo di agire delle rappresentanze elette, Com.It.Es, CGIE e parlamentari, non corrisponde alle esigenze degli italiani che li votano (che, peraltro, sono sempre di meno). Rappresentanze sconosciute agli italiani della vecchia e nuova generazione ma soprattutto quasi inesistenti nelle liste degli invitati dalle autorità politiche-istituzionali locali.
Molti di questi che ambiscono a poltrone di questo tipo, spesso hanno poco interesse al ruolo di vero rappresentante della comunità italiana all’estero. La carica ottenuta, sovente tramite taciti accordi, serve, più spesso di quanto non si creda, solo a soddisfare le proprie vanità o, cosa ancor più grave, come trampolino per un’eventuale candidatura nelle liste politiche di un qualche partito. Quest’ultimo atteggiamento lo abbiamo constatato nelle ultime politiche ove alcune persone hanno ritenuto opportuno cambiare casacca giusto per il tempo necessario a scoprire di essere persone non gradite per poi ritornare a sventolare la vecchia bandiera come se niente fosse. Quest’ultimi si evidenziano solo a scrivere comunicati di sostegno oppure comunicati di commemorazione in occasione delle celebrazioni in ricordo delle passate tragedie italiane nel mondo.

Solo qualche parlamentare del PD nella passata legislatura si è battuto per alcuni temi come l’IMU, la tassa sulla TV ed il rientro di fondi destinati ai Corsi d’Italiano. Tutti gli altri nulla hanno fatto in proposito, neanche per debitamente informare i loro rappresentati su queste importanti tematiche.

Devo a malincuore ancora una volta sottolineare come i circa 600 mila italiani residenti in Svizzera, non siano stati informati affatto, o, comunque, in maniera non adeguata sull’importante tematica dell’amnistia fiscale che termina proprio a fine settembre del 2018 e va avanti dal 2010. Il CGIE e i Com.It.Es. non sono stati capaci di farsi carico di una coordinazione a tappeto per informare quanti più italiani possibile per risparmiargli ammende o problemi di tipo penale in caso di scoperta di beni da loro posseduti all’estero.

Li vediamo, però, spesso e volentieri, farsi “selfie” e fotografare con politici importanti nelle varie (vacanze) plenarie a Roma o durante le riunioni di commissione. Solo alcuni Com.It.Es hanno fatto qualche conferenza con l’ITAL-UIL. Nel Cantone di Ginevra la SAIG è stata lasciata sola (nessun aiuto è mai pervenuto da altri, né in termini di organizzazione, né in termini di diffusione delle informazioni o delle iniziative intraprese) ma ha comunque lavorato con tutti gli italiani che si sono voluti regolarizzare al fine di legittimare i propri averi con il fisco svizzero, grazie alle tante permanenze gratuite dei nostri consulenti legali, alle conferenze con l’ITAL-UIL e con i direttori degli uffici competenti del Cantone di Ginevra e con alcuni Consiglieri di Stato dei dipartimenti interessati.

La salvaguardia dell’italianità in Svizzera è seriamente danneggiata dalla mancanza di un cambio generazionale che non riesce ad adattarsi a causa di diversi fattori: da una parte l’invecchiamento dell’associazionismo e dell’altra il mancato interesse della nuova generazione sovente disinformata, ignorata o delusa. Altro tema è l’inesistente politica di una coordinata accoglienza della nuova generazione da parte della classe dirigenziale eletta. Non vi è nessuna discussione e non è mai nata nessuna iniziativa in questo campo assai delicato. A mio parere, i dormienti “poltronai” accentuano la loro inefficienza nel non riuscire a costruire una politica aggregativa per raggruppare il potenziale delle nuove generazioni d’immigrati, professionisti, gente preparata ed esigente che non trova nulla e nessuno ad accoglierla in terra straniera.

Come possiamo contrastare questa deriva alquanto demoralizzante? Ragionando sui problemi che producono la mancanza d’interesse e la sterilità d’azione che ne consegue? Particolare attenzione dovrebbe essere data, anche solamente in specifiche occasioni, a quelle realtà associative che stentano a promuovere la propria figura e la propria esistenza. Dovremmo sentirci tutti in dovere di stringere legami sempre più saldi e di aiutarci reciprocamente, dovremmo sentire la necessità di stare insieme allo scopo di mantenere integro il bagaglio culturale che abbiamo ereditato dai nostri predecessori per trasmetterlo alle generazioni future al fine di poter e saper rappresentare al meglio l’Italia all’estero.

Tutti i governi del passato fino ad oggi, hanno considerato gli italiani all’estero come potenziali galline dalle uova d’oro, utilizzandoli per fare cassa: gli italiani all’estero contribuiscono notevolmente alle entrate dell’erario (non hanno le stesse agevolazioni degli italiani in patria, ad esempio, tranne i pensionati, sono costretti a pagare le imposte sulla prima casa) e contribuiscono anche alla promozione e all’acquisto di prodotti che provengono dall’Italia, accreditandosi cosi come veri ambasciatori del Made in Italy.

Oggi gli italiani all’estero non vogliono investirsi nella decisione di eleggere queste rappresentanze perché non le conoscono affatto oppure, proprio perché le conoscono, nutrono una scarsa fiducia in esse. Ad appesantire la situazione, anche le nuove normative che obbligano l’iscrizione in consolato dell’utente per ricevere il plico elettorale. Non tutti ne sono informati e, quindi non tutti, una volta arrivati all’estero si recano presso gli uffici consolari ad annunciarsi.

Se andassimo ad analizzare i dati delle ultime elezioni per la nomina dei membri dei Com.It.Es., che si sono regolarmente tenute il 17 aprile 2015, ci accorgeremmo che con la nuova legge elettorale abbiamo avuto effetti totalmente controproducenti generando una catastrofe in termini di disimpegno da parte degli elettori iscritti all’Anagrafe Italiani Residenti all’Estero (AIRE).

Le operazioni di voto hanno interessato 101 COMITES in 38 Paesi. I dati conclusivi rivelano che su 3.747.341 elettori presenti negli elenchi del Ministero dell’Interno si sono registrati per il voto 243.162 cittadini (6,5% del totale). A questi, vanno aggiunti 15.382 elettori che si sono manifestati pur senza essere compresi negli elenchi del Ministero dell’Interno e che sono stati ammessi al voto dopo i controlli effettuati dagli uffici consolari presso i rispettivi comuni italiani di iscrizione.

Del totale di 258.544 elettori registratisi per il voto, 167.714 (pari al 64,9%), hanno fatto pervenire in tempo utile il plico elettorale al consolato di riferimento, portando la partecipazione effettiva al 4,46% della platea degli aventi diritto.

I voti validi sono risultati essere 141.284, corrispondenti al 3,75% dell’elettorato. (Dati Ministero degli Interni)

Per fare un esempio pratico, nel Cantone di Ginevra gli elettori iscritti al Ministero degli Interni erano 37.321. Sono stati inviati solo 2.009 plichi con la nuova normativa, le buste pervenute sono state 1.349. i voti validi sono stati solamente 1.159.

Inoltre, se andiamo ad analizzare i dati sulle politiche dello scorso 4 marzo, con la vecchia legge elettorale dove si inviavano i plichi elettorali agli italiani iscritti all’AIRE, i risultati non sono migliori in rapporto ai votanti. Difatti, su 4.230.854 elettori iscritti all’AIRE nel mondo chiamati al voto solo meno del 30% ha risposto alla chiamata al voto, per non parlare delle polemiche su brogli e quant’altro che ne hanno accompagnato i risultati.

La politica sterile o l’evidente disinteresse dei nostri rappresentanti eletti deve cambiare o altrimenti Com.It.Es, CGIE e parlamentari all’estero, non hanno più motivo di esistere. Per questo ci vuole umiltà a partire dai Com.It.Es. che in alcune Circoscrizioni boicottano (o hanno boicottato) perfino gli eventi di valenti realtà associative. E questo solo per divergenze d’opinione o eccessive manie di protagonismo. I Com.It.Es. devono stare all’ascolto delle associazioni e degli italiani e cercare sinergie volte a raggruppare quanti più possibili connazionali, sia per favorire una piacevole frequentazione, sia per passare una corretta informazione delle tematiche importanti ed imprescindibili che interessano coloro che vivono fuori dai confini italiani. E non può essere tutto giustificato dalla diminuzione dei fondi pubblici che va a limitare, a volte, la possibilità di agire come si vorrebbe. I Com.It.Es ben potrebbero avvicinarsi alle realtà associazionistiche locali per fare gruppo e lavorare meglio con e per gli italiani dando attuazione al famoso detto: l’unione fa la forza. Questo non succede dappertutto!

Non esistono ricette già pronte per il “cambiamento” ma rimanere inoperosi ed assistere alla perdita di importanti rappresentanti della comunità italiana, quali sono le Associazioni Regionali, provinciali o nazionali, è deprecabile!

In conclusione, io ritengo, alla luce dei fatti e della mia pluriennale esperienza nel settore dell’associazionismo, che Com.It.Es. e CGIE sono organismi pensati molto tempo fa e non sono più affatto d’attualità. In realtà non sono mai stati efficaci ma prima gli italiani, attraverso l’associazionismo, pensavano, almeno, di avere l’opportunità di mantenere un legame con la Madre Patria e con gli altri connazionali.

Bisognerebbe rivedere queste rappresentanze dal momento che non hanno avuto mai la capacità di evolversi e cercare aggregazione e sinergie con tutti gli attori del settore e, soprattutto, sinergie con le istituzioni politico-amministrative locali. Se non si procede ad un cambiamento radicale di questi organi, attualmente inutili, si rischia di mettere gli italiani all’estero al centro delle discussioni come un peso per la Nazione. A questo punto, se questo è il risultato, meglio sarebbe eliminarli del tutto.

Facciano tutto quello che vogliono ma siano coerenti e chiari. Si ricordino, però, che solo una cosa nessuno riuscirà mai a togliere a noi tutti venuti all’estero per diversi motivi: la dignità e l’onore di essere italiani, sia pure tanto male rappresentati, mal seguiti all’estero e quasi sconosciuti in Patria.

Carmelo Vaccaro

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